Qualcuno osserverà che , tuttavia, Torino pare città tanto poco adatta per un “carnet di ballo”; ma se oggi è la città più seria d’Italia, non lo fu nel secondo cinquantennio del secolo scorso, tempo suo felicissimo, irripetuto e irripetibile. Non solo. Fin dal ‘500 gli ambasciatori veneti che minuziosamente descrivevano gli Stati d’allora, dall’Italia del Sud a quella del Nord, dall’Europa all’Oriente, avevano notato come i popoli del duca di Savoia situati “di qua dai monti” mai si stancassero in una singolare “fatica”: quella “che fan ballando”. E Torino, capitale del ducato, tenace nelle contraddizioni come nelle tradizioni, trasmise di padre in figlio la smania “balarina” che nel secolo scorso esplose come un’epidemia. Gli scrittori d’allora la osservano sottolineandola sino alla noia: dalle pubbliche piazze alle platee dei teatri, dalle sedi dei circoli a quelle delle associazioni, dai saloni aristocratici alle sale borghesi, dal salottino dell’impiegato alla soffitta dell’operaio, dall’antro fumoso dell’artigiano al buio retrobottega del negoziante, dall’aia della cascina al giardino della villa, dalla collina alle rive del Po, di carnevale o d’estate, di domenica, di giorno, di notte sovente Torino pareva diventare un’unica sala da ballo.
Consideriamo solo l’inizio, il secondo dei grandi carnevali, il 1868, quando Torino era ancora lontanissima dall’apice del suo associazionismo godereccio; escludiamo i balli privati che sarebbero incalcolabili; non contiamo le 14 “balere” di piazza Vittorio e le piste da ballo delle piazze Statuto, Bodoni, Carlina, Emanuele Filiberto, Venezia; teniamo presente che i balli di carnevale incominciavano il 7 gennaio e sconfinavano beatamente in quaresima; e dopo di ciò potremo osservare che questa città di 194.000 abitanti in una notte qualsiasi di quel lungo arco di tempo ballerino offriva ai cittadini d’ogni rango e d’ogni tasca 72 veglioni contemporaneamente. Alcuni dei balli più importanti accoglievano 2000-2500 ballerini per volta (il teatro Vittorio Emanuele anche 4000-5000) e sin verso il 1880 le danze duravano dalle 10.30 della sera alle 8 del mattino successivo.
“Carnet di ballo” balli, mascherate e carnevali a Torino dal 1860 al 1899
Longanesi & C