Ho tradotto “a braccio” questo interessante scritto di G.Guillemin (era il 1974, con tutti gli errori e le ingenuità del periodo!), perché credo che siano notizie importanti per considerare come le tradizioni nascano, parecchie volte, per opera di poche persone. In questo caso, è il “Liutaio Illuminato” che crea la scena. Anche il “Musicante Illuminato” dovrebbe creare la scena, non dimentichiamolo quando ci lamentiamo troppo …
Jenzat e la Ghironda (Estratto dal Bollettino de “L’Amicale des Vielleux et Cornemuseux du Centre” – Pagg. 41 e 42 – 1974) a cura di Gaston GUILLEMIN
“Questo strumento molto antico esisteva un po’ dappertutto in Europa. Il primo esempio conosciuto, funzionante con un ingegnoso meccanismo di “ruota a mò di archetto”, si chiamava “Organistrum”. Aveva tre corde ed era piuttosto voluminoso, necessitava inoltre di due esecutori per suonarlo. Era riservato unicamente all’utilizzo monastico, verso il X Secolo. La “Symphonia” o “Chifonie” doveva succedergli. Aveva quasi lo stesso volume sonoro, ma le dimensioni iniziarono a ridursi, così da permettere ad un solo esecutore di suonarla. Nel Medio Evo, i liutai si sforzarono di ornarla di motivi decorativi, dipinti o intarsiati. Perfezionarono il suono dei cantini, così da renderlo più armonioso: la Ghironda nacque così. Allora, la forma era a cassa piatta e trovatori e trovieri si accompagnavano con essa di castello in castello. Durante il Rinascimento, divenne uno strumento di corte, poi scomparve per un lungo periodo, utilizzata solamente da mendicanti come quelli di Pont-Neuf a Parigi. Nel XVIII Secolo, la “Vielle” fece una nuova comparsa a corte e nei saloni reali. In alcune città si formarono diverse “Accademie di Musica” (Clermont 1731 – Moulins 1736). E poi venne l’oblio… salvo che in certi territori, soprattutto come quelli del Centro Francia. Fu in quel momento che apparvero i liutai di Jenzat, dei quali si dice che “inventarono” la Ghironda a liuto o “Bateau”
La famiglia PAJOT e la “Vielle”
Verso la fine del XVIII Secolo, un abitante di Jenzat, chiamato Gilbert Pajot, nipote e ultimo pronipote di un “Real Notaio della Signoria di Jenzat”, entra in possesso di una “Vielle” a fondo piatto, prestatagli da uno dei suoi parenti, curato a St-Sornin. Gilbert Pajot, che era un uomo molto abile, copia questa Ghironda e ne vende la copia stessa. Ne realizza una seconda: la fabbricazione della “Vielle” era nata a Jenzat! La Ghironda, che fu all’origine di tutta questa liuteria artigianale, è tuttora in possesso della famiglia Pajot, con l’ acquisizione del fondo “Pajot-Fils”.
Il figlio del precedente liutaio, Jean-Baptiste Pajot, nato nel 1817, fece apprendistato presso i liutai di Mirecourt (esiste una fotografia che lo raffigura e un ritratto fatto a matita, fatto nel 1842). Egli fu uno dei migliori liutai di Jenzat ed è l’autore di un magnifico strumento intarsiato di madreperla e avorio, residente presso la collezione della famiglia Pajot. Fu anche sindaco di Jenzat e morì il 24 Luglio del 1863 senza aver avuto figli.
Un cugino, Jean-Antoine Pajot, il quale aveva appreso il mestiere a bottega da Jean-Baptiste, rilevò il fondo e il laboratorio. Jean-Antoine assunse e impiegò diversi operai che, successivamente, aprirono i propri “ateliers” personali: Pimpard, Nigout, Tixier, Décante e uno dei suoi nipoti, Jacques, detto “Gilbert”, nato il 18 Aprile 1845 (curiosamente, nella storia della famiglia Pajot si ripetono continuamente gli stessi nomi di persona: Gilbert, Jacques-Antoine, Jean o Jean-Baptiste, Jean-François). Quando Jean-Antoine scomparve, lasciò un figlio che aveva solamente quattordici anni, indi per cui il nipote Gilbert prese in mano le redini della liuteria.
Costui fonda il proprio “atelier” sotto il nome di “Pajot-Jeune”. Gilbert Pajot si installa dunque nella casa dello zio, “Maison Varennes” (ora Rue des Luthiers). Ebbe due figli: Joseph, nato nel 1868 e Jean-Baptiste, nato successivamente. Il primogenito, Joseph, lavorò con suo padre a bottega mentre il secondo continuò gli studi e divenne maestro.
Joseph Pajot, a sua volta, ebbe un figlio chiamato Jacques-Antoine (l’ultimo liutaio), il quale, dopo aver terminato gli studi secondari al Liceo di Moulins, prese a lavorare con il padre. Da qui in poi, aiutò nella fabbricazione della Ghironda, ma iniziò anche la vendita commerciale di ogni tipo di strumento musicale. Quando morì, nel 1935, la “Maison Pajot” scomparve con lui. Jacques-Antoine acquistò il fondo e con esso anche le due “Vielles” storiche: quella che diede il via all’arte liutaria di Jenzat e quella “capolavoro” istoriata di avorio e madreperla di Jean-Baptiste Pajot, opera d’arte di valore inestimabile.
Gilbert Pajot morì nel 1920. Suo figlio Joseph, sindaco di Jenzat, scomparve nel 1926. Dobbiamo a lui una bella Ghironda intarsiata di ebano e avorio, attualmente conservata dalla famiglia. Jacques-Antoine si occupò prevalentemente di vendite e riparazioni. Effettivamente, la fabbricazione di “Vielles” si fermò per mancanza di richieste. Quest’arte, purtroppo, continuò soltanto in forma di riparazioni su strumenti in cattivo stato, fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale (1939-45). Successivamente, la “Vielle” è stata riportata agli onori delle cronache da “Società Folkloriche” sempre più numerose. Jacques-Antoine lavorò successivamente per il “Palais de Challot – Pavillon des Arts et Traditions Populaires”, per il quale costruì una Ghironda “in bianco”, cioè “non montata”.
Gli altri liutai di Jenzat
Tutti appresero il mestiere di liutaio presso la bottega di Pajot. Furono:
I PIMPARD: erano parenti della famiglia Pajot J.Baptiste; la sorella di Gilbert, il primo liutaio, aveva sposato un Pimpard. Gilbert Pimpard apre il suo atelier personale, succede a lui il figlio Claude, che morì nel 1931 senza eredi. Il loro dipendente, ANJIOUX rileva il fondo, ma muore un anno dopo. Il fondo Pimpard viene quindi acquistato da J-A. Pajot.
TIXIER: anche lui fece l’apprendistato presso A. Pajot. Aveva la sua bottega presso l’attuale “Maison Sanselme”. Celibe, muore nel 1887. Gilbert Pajot acquista i suoi fondi per 545 Franchi.
NIGOUT: medesimo apprendistato. Aprì il suo “atelier” nella parte alta del villaggio, presso l’attuale “Maison de M. Seramy”. Ebbe due figli, un maschio (mancato a vent’anni) e una femmina. Il suo fondo fu acquistato da J-A. Pajot.
DECANTE: abitava presso il piccolo castello. Ebbe due figlie, una si sposò con CAILH, di Charroux. Quest’ultimo venne ad abitare presso la casa del suocero ed apprese la costruzione della “Vielle”. Alla morte di Décante, Cailh ritorna ad abitare a Charroux e continua il mestiere appreso. Nessuno dei suoi due figli continuò il mestiere del padre. Alla sua scomparsa, J-A- Pajot acquista il suo fondo. Un curioso aneddoto: Pajot trova nel laboratorio di Cailh una tavola di abete vecchia di 105 anni, destinata ad una Ghironda per un suonatore di Bordeaux. Questa “Vielle”, dalla sonorità eccezionale, è una delle pochissime costruite da J-A. Pajot.
Tutti questi liutai, ormai estinti, non hanno avuto discendenti che continuassero la loro opera. I loro fondi furono tutti acquisiti dalla famiglia Pajot, ramo Pajot-Jeune. L’ultimo liutaio dell’epoca fu quindi Jacques-Antoine. Uno dei nipoti dovrebbe riprendere il testimone in mano: speriamo che riesca a rinnovare la tradizione…
Il lavoro dei liutai
Era un lavoro di arte e di grande pazienza. Un liutaio lavorava tutto il giorno, riuscendo a costruire due Ghironde in quindici giorni, solitamente quattro strumenti al mese. Una Ghironda poteva avere un valore medio di ottanta Franchi, indi per cui entravano circa trecentoventi Franchi al mese, non moltissimo.
I legni utilizzati erano l’acero, il noce, il palissandro, l’abete e l’ebano. Innanzitutto costruivano la cassa su di una forma apposita (Moule). Per il fondo a liuto, tagliavano delle fasce molto sottili (mm.1) in acero o noce per le Ghironde ordinarie, oppure in acero e palissandro per quelle di pregio. Per poter curvare il legno e ottenere così la piegatura voluta, le mettevano a mollo nell’acqua bollente.
Poi seguiva la costruzione della ruota e della tavola, le quali venivano montate insieme. La tavola armonica era in abete, talvolta anche in acero e posava su tre tasselli. Era normalmente leggermente bombata. La ruota era interamente in acero: fermata su di un supporto, veniva forata al centro e tornita.
Poi veniva il turno della tastiera, con salterelli, tasti bianchi e neri, i bischeri, i ponticelli e il copriruota. La tavola, il copriruota e il coperchio della tastiera erano sovente ornati con motivi dipinti, decalcomanie, intarsiati con filetti di osso, di ebano o d’avorio, i quali costituivano sugli strumenti più belli una splendida decorazione.
Le teste delle “Vielles” in generale erano scolpite prima, sovente in serie. Venivano montate insieme alla tastiera. Secondo lo strumento o secondo l’artigiano, potevano essere molto “primitive” o finemente scolpite. Il liutaio era insomma un “tuttofare”, sapeva lavorare il legno, l’avorio, la madreperla e il metallo. Ogni parte dello strumento era realizzata dal medesimo artigiano e richiedeva parecchie ore di paziente lavoro. Le giornate lavorative erano molto lunghe e sovente si prolungavano in veglie serali, con i vicini di casa che venivano per chiacchierare, guardare o fare i loro lavori personali.
Gli strumenti venduti o riparati venivano condotti alla stazione di Charroux, per mezzo di un carretto trainato da un asino. Affiancati alla costruzione delle “Vielles”, si costruivano anche filatoi e arcolai per la gente dei dintorni ed anche bocce da biliardo in avorio. Poi si prese a vendere qualche fisarmonica, qualche flauto, alcuni clarinetti e violini ed infine qualunque strumento musicale richiesto, compresi riparazioni ed assistenza. Ciò, poco a poco, detronizzò il dominio della “Vielle” e della “Musette”.”